Ballata dell’usignolo e del serpente: la recensione
Dopo 10 anni dalla pubblicazione in Italia de Il Canto della rivolta, ultimo capitolo della trilogia di Hunger Games, Susanne Collins ci riporta nel mondo distopico di Panem con un nuovo racconto prequel: La ballata dell’usignolo e del serpente. Sarà all’altezza della trilogia originale? Vale la pena leggerlo? Ecco la mia recensione!
Trama
La ballata dell’usignolo e del serpente si svolge esattamente 64 anni prima gli eventi del primo Hunger Games. Il giorno della mietitura dei decimi Hunger Games Coriolanus Snow è un diciottenne che cerca in tutti i modi di risollevare il nome degli Snow, caduti in povertà in seguito alla guerra. L’unica possibilità di riportare il cognome all’antico splendore risiede nella capacità del ragazzo di essere il mentore più affascinante, più persuasivo e più astuto per condurre così il suo tributo alla vittoria. In questo modo infatti vincerebbe la borsa di studio per l’Università.
Tuttavia tutto è contro di lui: non solo gli è stato assegnato il distretto più debole, il 12, ma gli è toccata la femmina della coppia di tributi. Da questo momento in avanti ogni scelta di Coriolanus influenzerà inevitabilmente i possibili successi o insuccessi della ragazza. Dentro l’arena avrà luogo un duello all’ultimo sangue, ma fuori dall’arena Coriolanus inizierà a provare qualcosa per il suo tributo e sarà costretto a scegliere tra la necessità di seguire le regole e il desiderio di sopravvivere.
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Recensione (Senza Spoiler)
La ballata dell’usignolo e del serpente è diviso in tre parti – prima dei 10° Hungers Games, gli Hunger Games e post 10° Hunger Games – e si svolge in un arco temporale di circa tre mesi. Forse un po’ pochi per raccontare l’ascesa del futuro presidente di Panem, ma abbastanza per capire la natura complessa dietro a questo personaggio.
I pro
Quando ho saputo che il Presidente Snow sarebbe stato il protagonista di questo libro ammetto di essere rimasta molto perplessa. Come si può simpatizzare per un protagonista che nella trilogia è subdolo, meschino ed è motivo principale delle disavventure di Katniss, Peeta, e tanti altri?
Oltretutto, avendo letto la saga sette anni fa, ero preoccupata che potesse “rovinarmi” il ricordo di quella che per me era stata una piacevolissima lettura.
Queste preoccupazioni sono state presto cancellate leggendo il primo capitolo de Ballata dell’usignolo e del serpente. Sorprendentemente, non ci ritroviamo davanti all’ennesima “nascita del cattivo” che all’inizio della storia è buono e innocente e che si trasforma in un super cattivone in seguito a un trauma. Già all’inizio della storia vediamo infatti che Coriolanus di fatto è un personaggio complesso, che non possiamo considerare ne buono né cattivo. Egoista, sì, parecchio, ma non cattivo. Per gran parte del romanzo questo personaggio si troverà appeso a un filo che separa la libertà di vivere l’amore e il potere dettato dal dispotismo di Capitol City.
Ho apprezzato inoltre il contesto storico della guerra e dei primi giochi. Qui per la prima volta in assoluto ci viene raccontata la guerra attraverso i ricordi confusi del piccolo Snow o degli altri personaggi secondari. Il punto di vista è quindi quello degli abitanti di Capitol City, che nella trilogia originale erano appena accennati.
Altro punto interessante è il trattamento riservato ai tributi. Se nella trilogia originale venivano trattati come delle vere e proprie star, con tanto di interviste, abbondanti banchetti e parate, in questo libro scopriamo che in origine le cose erano ben diverse. I tributi qui sono trattati come degli animali e sono considerati una “razza inferiore” rispetto agli abitanti di Capitol City. Dopo la mietitura infatti vengono tutti trasportati dai distretti su un carro merci e vengono direttamente catapultati in una gabbia nello zoo fino al giorno di inaugurazione dei giochi. Inoltre, in generale, c’è poca cura e organizzazione per quanto riguarda lo svolgimento dei giochi.
Lo si vede in diverse occasioni, come nella gestione dei tributi, nella sicurezza poco attendibile dell’arena. Altra cosa determinante è la totale indifferenza per il destino dei tributi, sia dagli spettatori che dagli stessi mentori. I mentori inoltre sono tutti ragazzi di Capitol City in procinto di iniziare l’università. In questo modo infatti gli adulti sperano che i giovani possano rinnovare i giochi cosicché possano risultare interessanti per gli spettatori.
Ci troviamo quindi davanti a un periodo di transizione dei giochi: molta gente di Capitol City ancora non li guarda perché o non interessata o perché ancora traumatizzata dal periodo di guerra. Peggio ancora, nei distretti non sono praticamente seguiti, se non per il giorno delle mietiture poiché coinvolti personalmente. Nel corso del romanzo infatti ci saranno diverse occasioni in cui i professori chiederanno a Coriolanus e alla sua classe cosa si potrebbe fare per rendere più partecipi gli spettatori di tutta Panem. Molti di loro offriranno dei punti di riflessione interessanti riguardo al futuro degli Hunger Games.
Se le prime due parti del romanzo sono strettamente legate allo svolgimento dei giochi, nella terza parte ci troviamo di fronte alla vera e propria evoluzione di Coriolanus. Nelle due parti agisce con lo scopo di far vincere il suo tributo tramite strategie, talvolta discutibili, così da poter risollevare il nome degli Snow. Nell’ultima parte invece lo troviamo di fronte a una vera e propria scelta di vita, in cui gli Hunger Games non sono più importanti. Tale decisione in ogni caso segnerà un punto di non ritorno e deciderà le sorti del personaggio.
Anche se sappiamo già come andrà a finire, in più occasioni ci si ritrova a tifare per la parte buona di Snow. Questa cosa l’ho molto apprezzata, perché rende il personaggio intrigante e sfaccettato, cosa che di certo non possiamo dire di lui nella trilogia. Abbiamo anche modo di capire alcuni atteggiamenti, pensieri e idee che lo porteranno a essere il personaggio che ci viene presentato 64 anni più tardi. Alcuni interessanti, altri personalmente un po’ campati per aria, ma di questo ne parliamo più avanti.
Ho trovato questo libro molto più filosofico e riflessivo. Specialmente per quanto riguarda un po’ quelle che di fatto sono le tre parole chiave del romanzo: Caos, Controllo e Contratto. Ciò che di fatto fa coesistere gli Hunger Games. Ci sarà un lungo dibattito, che ricorrerà durante tutto il romanzo, in cui agli studenti viene chiesto quale sia la natura degli Hunger Games. E sarà proprio compito di Coriolanus trovare la risposta, pari passo al suo percorso e alle sue esperienze che determineranno il suo futuro.
I contro
Se però ho trovato il personaggio di Snow interessante e ben sviluppato, non posso dire lo stesso degli altri personaggi.
Ho trovato questo romanzo troppo, TROPPO ricco di personaggi, di cui la maggior parte completamente inutili o poco approfonditi. Questo purtroppo coinvolge sia i co-protagonisti che quelli secondari o di rilievo. Anche i personaggi che saranno determinanti nel percorso di Coriolanus risultano, a mio parere, completamente bidimensionali. Il compagno di classe di Seianus, uno dei personaggi più importanti, oltre ai suoi ideali diametralmente opposti a quelli di Snow, risulta di fatto piatto. In più di 450 pagine di romanzo non ci viene aggiunto nulla di più di quello che ci viene detto nelle prime 15 pagine. Stessa cosa per Lucy Gray, il tributo del distretto 12. Altri personaggi ancora invece, ricorrenti nella prima metà del romanzo, vengono completamente accantonati nell’ultima parte del libro, lasciandoci dei punti interrogativi circa il loro destino.
In realtà ho trovato una mia personale interpretazione al motivo dietro a questa scelta da parte di Suzanne. Essendo la storia narrata dal punto di vista di Coriolanus è intuibile capire perché sono tutti così poco approfonditi: in realtà lui è interessato solo a se stesso. Lo vediamo spesso nelle sue interazioni con gli altri personaggi: da Seianus a tutti gli altri suoi compagni di classe, così come con la nonna. L’unico personaggio di cui nutre vera fiducia è la cugina, ma di cui non condivide pienamente gli ideali. Ovviamente si tratta di un’opinione azzardata, e ciò non giustifica questa lacuna.
Oltre a ciò, c’è una massiccia (ed esagerata) presenza di riferimenti alla trilogia originale. Nomi, oggetti e altre caratteristiche. Anche qui si tratta di parere soggettivo, ma alcune cose le ho trovate molto forzate.
In sostanza
Un libro che complessivamente mi è piaciuto, anche se non ai livelli della trilogia, ma che ho letto senza annoiarmi ed è ricco di colpi di scena non scontati. Alcune parti del racconto sono molto interessanti, altre parti un po’ lente, specialmente la seconda parte del romanzo.
D’ora in poi recensirò il libro con spoiler, quindi consiglio per chi non l’ha letto di saltare questa parte e passare direttamente alle conclusioni per scoprire come acquistare il libro al miglior prezzo.
Recensione con spoiler
1 – I riferimenti alla trilogia
Vorrei parlare in primis delle cose che ho poco apprezzato del libro. Prima di tutto è bene sapere che ci sono tantissimi riferimenti alla trilogia originale. Alcuni apprezzati, tanti che personalmente mi hanno fatto un po’ cadere le braccia per la banalità.
Un esempio al riguardo è quando Snow assiste durante i giochi alla morte di un tributo. Questo tributo muore dopo essersi soffocato con il suo stesso sangue mentre tosse: Coriolanus si impressiona e si volta disgustato pensando che sarebbe terribile morire in quel modo.
Tutto normale, se non fosse che stiamo parlando degli Hunger Games, e che nel frattempo Coriolanus ha assistito a un sacco di morti prima di questa. Proprio lo stesso modo in cui di fatto lui muore ne Il Canto della Rivolta, che caso. Alcuni riferimenti fanno invece parte della natura. L’erba katniss (giustificata come un modo di dire di Lucy Gray di chiamare un certo tipo di erba, BOH!), la ghiandaia imitatrice (il motto di Lucy Gray sulla ghiandaia imitatrice che ancora non ho capito), i boschi (“Folti alberi, rampicanti e sottobosco crescevano in tutte le direzioni. Era un disordine che lo infastidiva. E chi lo sapeva che genere di creature vi abitavano? Il miscuglio di ronzii, sussurri e fruscii lo innervosiva. E che baccano facevano gli uccelli” solo per far capire che Snow è diverso da Katniss. OK). Insomma, era davvero necessario inserirli?
Altra situazione simile è stata la scelta del conduttore dei giochi. Primo anno con un conduttore fisso nei giochi, perché non usare un presunto antenato qualsiasi di Cesar Flickerman, nonché brutta copia spudorata?Lucky Flickerman si presenta in tutto e per tutto una copia del pronipote (?) nei modi di fare e nell’atteggiamento allegro che riserva ai tributi e ai mentori durante i giochi.
Altro personaggio a noi noto è Tigris, la sarta di Capitol City che incontriamo nell’ultimo libro della triologia. Si tratta dello stesso personaggio? Fondamentalmente sì, anche se non avremo mai la conferma. Questo perché appunto Tigris, come altri personaggi, nell’ultima parte del romanzo è praticamente assente. Non sappiamo se scoprirà mai delle azioni di Snow, non sappiamo se tra la fine di questo romanzo e i 64° Hunger Games almeno intuisca la natura di Snow. Forse non è così fondamentale, ma dal momento che si tratta di un personaggio piuttosto importante – almeno nella prima metà di romanzo – ci si aspetta di sapere di più su di lei.
2 – I Personaggi nuovi
Per quanto riguarda i personaggi nuovi invece, un’occasione mancata (oltre a quella di Tigris) è la compagna di classe Clementia. Clementia, personaggio tranquillissimo all’inizio della storia, viene completamente stravolto nel momento in cui viene morsa dai serpenti ibridi della professoressa Gaul. Inizia a sentirsi male, crescono delle squame sul suo corpo e inizia ad assumere atteggiamenti non umani. Sembra quasi che sia un personaggio chiave nella storia, salvo poi essere completamente cancellato nell’ultima parte del racconto e che, di fatto, non servirà a nulla. Che sia semplicemente una metafora del racconto?
Seianus poi, sebbene sia importante alla trama non abbiamo mezza informazione su di lui in più che ci viene fornita rispetto all’inizio della storia. Dall’inizio alla fine vuole combattere per la libertà da Capitol City, in modi che vanno oltre ogni regola, e alla fine ne pagherà le conseguenze. Mi è piaciuto in realtà il complesso rapporto tra questo personaggio e Snow, come tutta la vicenda del tradimento di quest’ultimo che porterà all’impiccagione dell’amico.
I sensi di colpa di Snow vengono descritti in maniera esaustiva e li ho trovati in linea con il suo personaggio. Ma i genitori di Seianus che alla fine accolgono Snow come un secondo figlio, l’ho trovata di una forzatura assurda. Se i due sono stati informati della morte del figlio, davvero non si domandano chi possa essere stato a fare la spia? nemmeno sospettare minimamente di Coriolanus visto che erano ritenuti da tutti amici intimi? Boh.
Il personaggio secondario che più mi è piaciuto invece è la professoressa Gaul. Sebbene si presenti anche lei come un personaggio abbastanza piatto, in realtà risulta interessante per le riflessioni sulla natura degli Hunger Games e per ciò che riguarda tutti gli animali ibridi da lei sperimentati. Interessantissimi sono in particolare i dialoghi con Snow, che di fatto determinano tutta la parte filosofica dietro questo libro. Che senso hanno gli Hunger Games? Perché si fanno ogni anno? tutto ci viene spiegato nei loro dialoghi.
“Cos’hai pensato di loro, adesso che non sono più in catene? Cosa ne pensi, adesso che hanno tentato di ucciderti? Perché dalla tua morte non avrebbero ricavato alcun vantaggio. Tu non sei un rivale.”
(…)
” Credo di aver sottovalutato la portata del loro odio per noi”
” E quando te ne sei reso conto, qual è stata la tua reazione?”
” Li volevo morti. Volevo morto ognuno di loro”
Lucy Gray. Cosa dire? Con lei ho avuto un rapporto di amore/odio. Innanzitutto concordo con molti sul fatto che sebbene sia la co-protagonista, risulta davvero poco caratterizzata, e per questo quasi detestabile. Di lei sappiamo in realtà ben poco fino alla fine del romanzo. Sappiamo che canta, che lei non è in realtà del distretto 12 ma è una Covey che insieme ai parenti fa spettacoli ogni sabato al Forno. Sappiamo che ha avuto un uomo in passato chiamato Billy. Cose che appunto, Billy a parte, si sapevano già dall’inizio. Non sapremo altro al di là di questo, sebbene per buona parte del romanzo lei interagisca con Snow. Se inizialmente sembra esserci un sviluppo nel loro rapporto, nell’ultima parte sembra invece passare completamente in secondo piano. A parte qualche gita sporadica insieme agli altri Covey e le serate ad ascoltare le ballate al forno, la loro relazione diventa completamente ininfluente.
Nonostante ciò, secondo me è comunque stato reso chiaro in più occasioni che Snow in realtà non sia così interessato a lei e lo possiamo notare in diverse occasioni. Prima su tutte la musica di Lucy Gray. Quando infatti lui doveva tenere Lucy Gray viva nell’arena rimaneva estasiato dalle sue canzoni, ma una volta finiti i giochi arriva praticamente a odiarle, a meno che non siano indirizzate a lui. La fine di questo personaggio però è una cosa che mi ha fatto riflettere: in che senso è scomparsa così, da una pagina all’altra? Sarà morta? Fuggita? Non è importante saperlo a quanto pare. Dopotutto, la ballata principale del romanzo parla di una misteriosa ragazza che sparisce nel nulla.
“Nel giro di qualche anno, sarebbe rimasto solo il vago ricordo di una ragazza che una volta aveva cantato nell’arena. E poi anche quello sarebbe stato dimenticato. Addio, Lucy Gray, in fondo ti conoscevamo appena”.
Lucy Gray è però anche un personaggio interessante, perché vediamo che anche lei, come Snow, in realtà è un po’ una manipolatrice. Lo possiamo notare in diversi episodi, come il fatto di difendere Snow dall’uccisione degli altri tributi per proprio scopo personale, o come quando sfrutta i serpenti per far del male alle persone (prima con Mayfair e poi con Snow stesso). E poi, come è possibile che dopo gli Hunger Games non sia rimasta minimamente traumatizzata come lo sono stati Katniss, Peeta, Haymitch e tanti altri? Perché in realtà lei non è così buona come sembra. Perché lei ha l’aspetto di un usignolo e l’animo del serpente, proprio come Snow.
3 – L’epilogo
Per quanto riguarda l’epilogo del racconto ci sono stati per me dei pro e contro:
Ciò che mi ha lasciata perplessa è il fatto che l’evidente fallimento di quell’edizione degli Hunger Games venga “cancellato” dalle memorie di tutti, così che nessuno possa ricordare niente. L’ho trovata una scelta molto forzata atta a portare Snow facilmente dalla parte del manipolatore seriale, perché cancellando quell’edizione si cancella anche il fatto che lui abbia fatto vincere Lucy Gray con l’inganno, così come tutte le conseguenze che ne sono scaturite.
Una cosa che mi è piaciuta è stata invece la scelta della storia dietro al padre di Coriolanus e Highbottom, colui che apparentemente viene considerato il fondatore degli Hunger Games. Un colpo di scena che ho apprezzato molto, anche se avrei preferito leggere un po’ di più sulla vicenda e non proprio all’ultima pagina del romanzo in modo quasi frettoloso. Magari dare più approfondimento a questo e tagliare di più la parte relativa ai Covey, di cui, diciamoci la verità, a parte della piccola Maude non importa niente a nessuno.
Conclusioni
La ballata dell’usignolo e del serpente è un romanzo che nel complesso mi è piaciuto, anche se diverse scelte stilistiche, caratterizzazione dei personaggi in primis, non le ho apprezzate molto. D’altra parte però è anche un libro che fa riflettere molto sulla natura umana, sulla guerra, ma specialmente sulla manipolazione del genere umano. Questo aspetto mi ha permesso più di entrare nell’ottica dei cittadini di Capitol City, che nella trilogia originale sembravano solo dei robot, scoprendo quindi che non tutti sono così noncuranti. Nel corso del romanzo infatti ci saranno diversi punti in cui si vedono atti di umanità nei confronti degli altri distretti e/o tributi. Questo rende certamente più realistica la storia e fa capire i diversi punti di vista. Sicuramente per i fan di Hunger Games lo consiglio perché aggiunge qualcosa in più alla storia.
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